The Call of The Wild
Il Richiamo della Foresta
II tappa. Da Skagway a Carcross. Distanza: 106Km. Dislivello: 1800m.



Seconda tappa. 14 Giugno 2013:

Mi alzo prestissimo perché devo andare a prendere il traghetto e il porto di imbarco si trova ad alcuni chilometri.
Sul traghetto non c'è molto da fare. Osservo gli altri passeggeri. Ci sono altri due ciclisti che stanno girando un piccolo video ma non ci scambiamo nessuna parola. Sul traghetto viaggia anche una troupe cinematografica: sembra stiano girando un documentario o forse un servizio giornalistico. Uno dei fotografi della troupe gironzola per i ponti cercando di catturare qualche foto originale. Scambio quattro chiacchiere con un ragazzo che scopro conoscere bene l'Italia: sta studiando per entrare in seminario e ha visitato Roma. Conosce molto bene il latino, ma io purtroppo non lo so parlare! Dice che è interessante e anche molto facile da imparare. Io invece ho solo un ricordo antipatico dalla scuola. Forse dovrei iniziare a riaprire i vecchi libri. Mi presenta alla sua famiglia: sono in vacanza in Alaska e sono stupiti che io sia venuto dall'Italia per "gironzolare" in bici in queste terre selvagge. Sul ponte soffia un vento fortissimo e gelido. Dal traghetto vediamo passare la coda di una balena e il suo sbuffo d'acqua; alcuni delfini giocano sulle onde. Entrati nel golfo l'acqua improvvisamente diventa color marrone. In mare c'è una linea netta tra l'acqua verdeazzurra e quella marrone del golfo. Tutti i passeggeri a bordo sembrano molto incuriositi da questo fenomeno.
Nel porto di Skagway sono ormeggiati enormi piroscafi da crociera. Sembrano palazzi galleggianti e deturpano gli straordinari paesaggi di montagne incontaminate e foreste pluviali artiche. La cittadina è molto caotica. Ci sono gruppi di turisti che passeggiano un po' dovunque lungo la strada principale che proviene dal porto. Le costruzioni sono di legno e così anche i marciappiedi. Sembra un villaggio di un set cinematografico in stile western. Più lontano dal centro le strade sono deserte e la vita sembra scorrere più lentamente. Con fatica riesco ad individuare l'ostello. E' una caratteristica casetta in legno a due piani. I proprietari, una famiglia molto cordiale e simpatica, sono molto ospitali. Dividiamo il salone centrale con un enorme e sonnacchioso cane. La sera, nella veranda, trovo la famiglia riunita in una serena lettura. Il figlio canta una canzone folk arpeggiando con la chitarra e l'atmosfera è veramente rilassante. Sono molto curiosi di sapere perché abbia deciso di affrontare un viaggio così impegnativo e rimangono piacevolmente colpiti dalla mia idea di seguire le orme di Jack London. Non sapevano -ma forse non ci avevano mai pensato- che London fosse passato proprio nella loro cittadina. Del resto questo era il punto di partenza per la corsa all'oro del 1896. La cittadina ha due facce: la strada principale è molto ben tenuta e piena di botteghe e gioiellerie. In ogni angolo c'e' una targa che ricorda qualche strano episodio, avvenuto in quel punto, legato alla corsa all'oro. Più lontano invece, lungo le strade esterne, ci sono carcasse di autovetture e costruzioni malandate. Su una casa hanno fissato una ironica e divertente targa: "In questo luogo, nel 1897, non è accaduto nulla". * * * Appena sveglio scendo nella cucina per prepararmi la colazione. La casa è silenziosa e l'unico sveglio è il grosso cane che scondinzolando mi guarda affamato. Mentre preparo i bagagli scende la padrona di casa, ancora in vestaglia e scalza e mi porge maternamente un gentile regalo: ha preparato per me degli squisiti dolcetti di cioccolato e noccioline. E' stato un pensiero davvero gentile e saranno molto ben graditi quando dovrò affrontare l'impegnativa salita. La ringrazio calorosamente.
La strada inizia a salire appena uscito dal paese. Non è molto ripida ma non nascondo di essere un po' nervoso. Tutte quelle storie lette sugli orsi in Alaska mi hanno un po' preoccupato. Ai lati della strada la foresta sembra misteriosa e cupa. E' prestissimo ma il sole è già alto. Praticamente in questa stagione a queste latitudini non esiste la notte. C'e' un grande silenzio e l'aria è tagliente. Il paesaggio dopo pochi chilometri si apre sulle montagne aguzze e innevate. Si intravede la linea della ferrovia che taglia la foresta rigogliosissima e verdecupa. Finalmente il passo: il paesaggio è straordinario. la montagna è un intarsio di colori: il bianco della neve, il verde brillante e marrone del muschio, il grigio dei licheni, l'azzurro del torrente. Sul passo c'è un gruppo di ciclisti che stanno preparandosi per la discesa. Sono arrivati fin qui con le autovetture e sono curiosi e affascinati dal mio viaggio. Nonostante la neve ho scalato la vetta in maniche corte e pantaloncini. Ma adesso l'aria è pungente e devo coprirmi in fretta.
Supero la frontiera -ma la dogana si trova qualche chilometro più a Nord- e il paesaggio diventa di una maestosità grandiosa. Sembra un altro pianeta. Non ci sono alberi e il terreno ha un colore grigioverdastro punteggiato da bianche macchie di neve abbacinante. I monti hanno le cime taglienti scolpite dal vento in cuspidi e guglie altissime e in lontananza sembrano zanne acuminate. La strada è una striscia marrone che si perde all'orizzonte.
Inizio una lunga pedalata in uno scenario lunare. Poco oltre il passo le montagne si allontanano verso l'orizzonte e la valle diventa un immenso altopiano desolato: é una immensa distesa di roccia grigioverde coperta di muschio e licheni, ogni tanto si intravede la sagoma solitaria di qualche albero cresciuto chissà come in una crepa della dura roccia. Tutto intorno si alzano montagne poderose striate di ghiaccio e lontanissime ma nitide nell'aria cristallina e fredda.
La strada segue il corso di un fiume che ha scavato profondi solchi nel ghiaccio e il cui corso tormentato si allarga a volte in ampi specchi d'acqua che sfumano dall'azzurro al verde al giallo. Alcuni chilometri più avanti il fiume confluisce nel grande bacino lagustre del lago Tagish. Le montagne -verdi alla base, grigie più in alto e bianche- e il cielo azzurro intenso si riflettono come in un enorme specchio, nelle acque immobili del lago.
Un cartello segnala l'ingresso nei territori selvaggi dello Yukon: "Larger than life-Plus grande que nature" come recita il cartello bilingue. I cercatori d'oro del 1896 arrivavano sulle sponde di questo lago -dopo una infernale e spesso mortale traversata del WhitePass- per poi ridiscendere il fiume Yukon in canoa o con le slitte d'inverno, fino alla confluenza con il fiume Klondike.
La prima tappa del mio lungo viaggio che vuole ripercorrere proprio la strada di quei disperati pionieri con le loro speranze e i loro sogni frustrati da commercianti senza scrupoli e cinici approfittatori, è Carcross, un piccolissimo villaggio sulle sponde dello Yukon. Un semplice ponte di legno attraversa il fiume e conduce nel centro del villaggio. Ci sono poche capanne e più lontano la caretteristica stazione ferroviaria dipinta di rosso. Sorprendetemente c'è un ufficio turistico. Sono molto ospitali, mi offrono dei pasticcini e un mucchio di informazioni. Qui vicino c'è un caffè, ma purtroppo a quest'ora è chiuso. Ma qui nel villaggio evidentemente si conoscono tutti e decidono di andare a chiamare la proprietaria -una ragazza di origine tedesca che non si sa come ha deciso di venire ad abitare in questo posto sperduto. Ci sediamo nel piccolo e stravagante locale a chiacchierare mentre la ragazza mi prepara dei buonissimi panini al pollo con una cioccolata calda. Alla fine mi offre anche -con mio grande stupore- un ottimo caffè espresso! "It's italian" mi dice sorridendo mostrandomi la macchina per l'espresso!
C'è un piccolo e poverissimo emporio dove faccio rifornimento, e poi decido di piantare la tenda in un area predisposta qui vicino. Per fortuna non sono il solo. Ci sono altri viaggiatori e sembra -tuttosommato- di essere in un piccolo campeggio anche se estremamente spartano. Come primo impatto queste terre selvagge sembrano molto meno "avventurose" di come sembravano alla partenza e non ne sono affatto dispiaciuto. Sono un po' nervoso per via degli orsi che potrebbero essere attirati dai rifiuti e dal cibo degli altri viaggiatori ed ancora eccitato per la straordinaria tappa di oggi, ma alla fine la stanchezza ha il sopravvento e crollo in un sonno profondissimo.
Last update: 6 Luglio 2013
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