The Call of The Wild
Il Richiamo della Foresta
III tappa. Da Carcross a Whitehorse. Distanza: 72Km. Dislivello: 650m.



Terza tappa. 15 Giugno 2013:

Piego la tenda e preparo i bagagli. Dopo una veloce colazione sono già in viaggio. Il cielo è luminoso, nonostante l'ora, ma il sole è ancora basso dietro la linea azzurra dei monti. A pochi chilometri dalla cittadina si trova il famoso deserto di Carcross, che viene pubblicizzato come "the smallest desert in the world".
Il suolo è veramente sabbioso ed è quasi impossibile entrarci con la bici. Avrei voluto fare una passeggiata ma non credevo ci fossero proprio le dune di sabbia! In effetti è molto strano vedere un deserto di sabbia circondato da foreste rigogliose e montagne innevate! Riesco solo a scattare una foto ricordo. Dovrei procedere a piedi nella sabbia che già sta entrando fastidiosa nelle scarpe ma è meglio desistere: troppo faticoso ed è meglio serbare le energie.
Il sole, appena sorto colora di rosa le cime delle montagne che nell'aria limpidissima sembrano così vicine. Piano piano la luce invade l'orizzonte e inizia a riscaldarmi. Gli alti ed esili abeti formano delle ombre lughissime e sottili sull'asfalto e dagli alberi proviene un intenso profumo di muschio.
La strada è deserta e non incontro anima viva. Tutto sembra sospeso nell'aria diafana e silenziosa. Poco oltre arrivo nei pressi del lago di Smeraldo. Purtroppo è ancora avvolto da una leggera foschia mattutina e dall'ombra della montagna che lo sovrasta. Non si gode il bellissimo colore dell'acqua da cui prende il nome ma posso solo immaginare lo smeraldo sotto il velo dell'acqua verde e immobile.
Tornato sulla strada principale, dopo alcuni chilometri, attraverso un piccolo villaggio di nativi: è molto povero, ricorda i nostri campi nomadi. Le case sembrano grosse roulotte e sono molto malandate. Del resto ho l'impressione che altre capanne si trovino nella foresta lungo i non numerosi sentieri e piccole strade che si dipartono dalla via principale. Forse varrebbe la pena fare una piccola sosta, ma sembrano abitazioni sparse e disabitate e non saprei dove fermarmi. Fuori dalle baracche ci sono enormi fuoristrada. Del resto è l'unico modo per coprire le enormi distanze di queste territori infiniti.
Dopo pochi chilometri, lungo un accidentato sentiero immerso nella foresta ma indicato dalla segnaletica, trovo una vecchia stazione di posta, abbandonata dall'epoca della corsa all'oro. E' un monumento ormai decrepito alla tragedia delle donne e degli uomini che, cercando un sogno dorato, trovarono invece solo disperazione e miseria. Il binario della vecchia ferrovia, ormai in disuso da anni, è inghiottito dalla foresta e si perde nel sottobosco fitto e impenetrabile.
Improvvisamente ai lati della strada gli alberi sembrano spogli e inneriti: sono evidentemente andati a fuoco, probabilmente vittima dei numerosi incendi che stanno distruggendo queste foreste incontaminate. Così spogli e carbonizzati sembrano una impenetrabile ragnatela nera.
Mi fermo -per una sosta- ai bordi di un azzurro lago per riposare e mangiare qualcosa. Il sole vibra sull'acqua appena increspata tra gli alberi neri e altissimi. Non ho incontrato nessuno da questa mattina. Con sorpresa non si sentono uccelli cantare tra i rami. La foresta è cupa e silenziosa e deserta e il suo impenetrabile e scuro profilo dà una profonda inquietudine. Improvvisamente arrivano dei corvi che si posano su un ramo poco distante. Sono gli ultimi uccelli che riuscirò a vedere prima di raggiungere le montagne sulla costa dopo un viaggio di quasi 1500 km.
Finalmente arrivo al bivio per Whitehorse. Nell'incrocio c'è una stazione di servizio e qualche altra costruzione. Ma ormai mancano pochi chilometri alla città e decido di non fermarmi. La strada è abbastanza trafficata; giunto in prossimità della città scorgo due autostoppisti a torso nudo e scalzi con enormi zaini sulle spalle. Li saluto distrattamente ma non sembrano essere molto interessati.
Whitehorse si trova lungo lo Yukon, che scorre più in basso, maestoso. La strada mi conduce verso il vecchio battello (SS Klondike) che faceva la spola sul fiume e che adesso riposa orgoglioso sulla sua sponda, oggetto della curiosità dei turisti in cerca di fotografie da cartolina. Fatico un poco nel trovare l'ostello, perché non è segnalato. Il dormitorio è tutto occupato e l'unico alloggio è una capanna di legno minuscola dal prezzo veramente esagerato. Ma essendo l'alloggio più economico di Whitehorse mi conviene accettare.
Nel cortile dell'ostello c'è un altro ciclcista che sta preparando i bagagli. E' un viaggiatore francese che è partito da Anchorage ma senza passare per la Top of World Highway e Dawson City. Ci scambiamo le impressioni del viaggio e gli chiedo consigli per la strada che ancora mi aspetta. Vorrebbe prendere il traghetto e arrivare a Seattle, anche se il costo è elevato. Ha viaggiato molto e chiacchieriamo un po' incuriositi dai nostri rispettivi viaggi.
So bene che la preparazione dei bagagli è una faccenda delicata e dopo un po' gli lascio preparare le sue cose, anche perché vorrei spogliarmi e riposare. La capanna è veramente angusta: è una scatola alta 2 metri e larga un metro e mezzo. non c'è spazio nemmeno per i bagagli ed è senza finestre.
Non è molto tardi e ne approfitto per visitare la piccola cittadina. Non c'è molto da vedere. Su una strada noto dei grossi "container" colorati. Sono in realtà dei box per biciclette da usare come parcheggi pubblici! Non ho mai visto niente di simile! Poco distante c'e' un busto commemorativo di Jack London, che trascorse qui alcuni mesi prima di dirigersi nel Klondike.
Negli angoli delle strade o seduti su qualche muretto scopro molte persone dagli occhi vitrei e smarriti. Sono tutti nativi e completamente ubriachi. Alcuni uomini vestiti miseramente, e tristemente in silenzio, sono in coda fuori da un povero edificio che appartiene all' "Esercito della Salvezza" un'organizzazione umanitaria fondata alla fine del XIX secolo. Probabilmente distribuiscono un pasto caldo per i senzatetto. E' incredibile ma lungo le strade non c'è nessun altro. Improvvisamente un uomo dai tratti molto marcati, si avvicina minaccioso con un pugno alzato. Non capisco cosa stia dicendo ma è evidente che vuole minacciarmi per avere dei soldi. Ma è talmente ubriaco che perde l'equilibrio e sta per cadere a terra se non lo afferrassi in tempo al braccio teso e vanamente minaccioso. Ci sono due mondi: da una parte i bianchi che -mi sembra- vivono barricati dentro le loro autovetture o nei grossi centri commerciali. Alcuni sono talmente obesi che scendono dalla macchina e salgono su delle carrozzelle messe a disposizione nei grossi centri commerciali. Ne ho viste alcune anche negli aereoporti. Dall'altra ci sono i nativi che vagano nelle strade deserte mezzo ubriachi e vestiti miseramente con le facce stravolte dall'alcool e dalla miseria. Solo in Sud Africa ho visto scenari simili a questi.
Last update: 6 Luglio 2013
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