The Call of The Wild
Il Richiamo della Foresta
IX tappa. Da Dawson City a Chicken. Distanza: 170Km. Dislivello: 1700m.



Nona tappa. 22 Giugno 2013:

Oggi mi aspetta una tappa durissima che alla fine si rivelerà più lunga di quanto avessi già incautamente programmato prima di partire. Da Dawson City infatti, inizia la lunga e famosa Top of World Highway che scavalcando montagne oltre i mille metri di altezza e superando il confine con L'Alaska confluisce nella Taylor Highway dopo un leggendario percorso di quasi 130km in un paesaggio desolato e selvaggio di alta montagna artica.
Per prima cosa bisogna superare l'impetuoso e ampio corso dello Yukon. Aspetto la piccola chiatta sulla sponda del fiume mentre esegue una complicata manovra per dirigersi verso l'approdo contrastando la fortissima corrente. Insieme a me c'è una ragazza con un grosso zaino anche lei in attesa. L'aria mattutina è pungente e l'umidità del fiume sembra entrare nelle ossa, eppure la ragazza indossa abiti molto leggeri e una maglietta a maniche corte.
Passato il fiume guardo con una stretta al cuore il piccolo traghetto allontanarsi verso l'altra sponda e sento improvvisamente il peso della tappa che mi aspetta: il prossimo centro abitato si trova a quasi 300 km di distanza. In mezzo dovrò scalare montagne alte oltre 1000 metri in un territorio selvaggio e deserto a pochi chilometri dal circolo polare lungo una strada impervia e durissima. Le incognite sono tante e parto con un po' di agitazione.
La strada inizia subito a salire con ripidi tornanti. Il cielo è denso di umidità e l'aria pesante. Le nuvole bassissime sono una coltre grigia che avvolge e non fa respirare e mi ritrovo ben presto zuppo di rugiada e sudore.
Per fortuna non sento la stanchezza accumulata nei giorni scorsi. La sosta di ieri a Dawson city mi ha fatto recuperare le energie. Ho cenato in un vecchio saloon con un gigantesco hamburger ed enormi patate fritte. Non ho fatto colazione -era troppo presto- e adesso vorrei fare una piccola sosta per mangiare qualcosa. La strada continua a salire, il primo passo si trova a pochi chilometri. Superato questo passo la strada continuerà in quota per chilometri su un enorme altopiano, fino ad arrivare al passo che separa Yukon e Alaska a quasi 1200 metri di altezza: ma il cammino è ancora lungo. Improvvisamente, superata una curva, il sole appare sull'asfalto e gli alberi della foresta si diradano: sul lato sinistro lo sguardo scende verso l'orizzonte aperto e lo strapiombo, su una valle fiabesca coperta dalle nuvole basse che ho attraversato poco fa. Dall'alto si vede la città di Dawson piccolissima con le sue stradine perpendicolari, e i due enormi fiumi -lo Yukon e il Klondike- che serpeggiando disordinati, coperti da batuffoli di foschia, formano scure isole boscose, mentre in alto sui monti sale la luce calda e dorata dell'aurora. E' il posto adatto per la piccola sosta tanto attesa. I sole è già caldo dietro i monti e dagli abiti bagnati l'umdità svapora in volute rosate.
Alla fine però devo riprendere a malincuore il cammino. Dopo pochissimi chilometri la strada compie una brusca svolta e lascia definitivamente la valle dello Yukon per tagliare definitivamente l'ampio altopiano centrale. Il paesaggio è straordinario. L'orizzonte è come un lungo ed ininterrotto bordo irregolare: i monti lontanissimi e innevati sembrano zanne affilate. L'altopiano invece è una discontinua linea di valli e creste coperta da una fitta distesa verde di arbusti. Tra queste e quelli le nuvole basse formano una striscia bianca e surreale che va lentamente dissolvendosi al sole. Sul terreno arido e ghiacciato dell'altopiano sono cresciuti sparsi e radi alberi che nell'immensità del paesaggio sembrano esili fili d'erba scura. La strada, ormai ridotta ad un striscia polverosa e impervia, taglia le curve dei monti e le asperità delle valli come una lunga striscia gialloscura. Il cammino è duro e lunghissimo. A metà giornata il cielo inizia a coprirsi di nuvole scure provenienti da Sud e ben presto mi sento oppresso sotto una coltre cupa e impenetrabile. A destra e sinistra sono scoppiati due violenti temporali. Ne vedo i bagliori inquietanti e la pioggia fittissima che forma due lividi muri che coprono l'orizzonte. La strada passa proprio in mezzo ai due temporali che il vento spinge minacciosi verso nord-ovest. La strada sale inesorabilmente e il paesaggio inizia a cambiare: la fitta boscaglia è diventata arida tundra; gli alberi son sempre più radi e infine scompaiono del tutto; il cuscino verde degli arbusti adesso è un tappeto grigio e verde cupo di licheni e muschio.
Il vento purtroppo, che fino a questo momento aveva tenuto il temporale lontano ha cambiato direzione e improvvisamente mi trovo, completamente allo scoperto sotto un violentissimo temporale. Proseguire potrebbe essere molto pericoloso. Qui in alto non ci sono alberi. Tutto intorno il terreno è una landa desolata rocciosa e sterile e non ci sono posti dove ripararmi. Un fulmine potrebbe facilmente colpire la bicicletta. Le nuvole nerissime sono così basse e cupe che sembra di poterle sfiorare se solo alzassi la testa piegata dallo sforzo di pedalare in questo muro d'acqua. Vedo una depressione nel terreno e decido di fermarmi dentro il fosso aspettando che il temporale passi. Il terreno muschioso ha assorbito la pioggia e le scarpe vengono risucchiate in questo cuscino d'acqua. Non posso fare altro che aspettare che il temporale di allontani. I fulmini esplodono sulle cime delle montagne ormai vicinissime: il passo è a pochi chilometri. Sono in completa balìa degli elementi: la pioggia scivola sugli indumenti impermeabili e sulla bici e il vento soffia violentissimo. Sul terreno poco distante intravedo l'impalcatura di un alce o forse di un caribù ma non ho la voglia di alzarmi e andare a vedere: sono intirizzito dal freddo e aspetto solo che il temporale passi.
Finalmente la pioggia e il vento si calmano, i cielo si apre a poco a poco e le nuvole scompaiono lontane dietro i monti. Pedalo ormai rinfrancato nella tundra desolata: è un paesaggio che toglie il fiato e dopo la pioggia assume sfumature e colori mai visti. Dopo l'ennesima curva la strada inizia a discendere verso il confine dell'Alaska: ho raggiunto finalmente il passo: intravedo laggiù come un miraggio in questo paesaggio desolato, la stazione di frontiera e l'immancabile bandiera a stelle e strisce. Questo è il confine più settentrionale d'America.
Appena entrato in territorio dell'Alaska, come in un caloroso benvenuto, le nuvole improvvisamente si aprono e il sole caldo torna a splendere nel cielo azzurro e limpido.
Subito oltre il confine dovrebbe esserci un piccolo avamposto chiamato Bonudary. Vorrei fermarmi qui anche perché la tappa è stata faticosa. Ma quando arrivo presso le costruzioni che ho visto scendendo mi accorgo che il villaggio è completamente abbandonato: non c'è anima viva. La capanna centrale è sbarrata. Sbircio dalla finestra ma l'interno è deserto le assi di legno del pavimento sono disconnesse e in terra c'è solo polvere e qualche oggetto rotto. In un angolo ci sono anche delle cartoline. Probabilmente era un ufficio turistico o un piccolo emporio. La porta è chiusa. Gironzolo nel piccolo accampamento. Ci sono alcuni furgoncini un po' dismessi. Quando mi avvicino scopro con orrore che dentro il bagagliaio ci sono alcune carcasse di animali scuoiati. Su un lato della strada ci sono due piccole capanne che hanno tutto l'aspetto di alloggi per viaggiatori. Ma solo una è aperta e sembra abitata: c'è solo un letto sfatto e degli stivali. In un angolo una piccola stufa e un tavolaccio con delle stoviglie e i resti di un pasto. Appoggiato alla parete c'è anche un grosso fucile. Sembra di essere in un film western. Forse potrei aspettare che torni l'occupante e chiedere se possiede la chiave dell'altra capanna, ma la cosa non mi alletta per niente
Beh intanto decido di prepararmi qualcosa da mangiare. Posso sistemarmi sotto la capanna centrale e ripararmi dal forte vento. C'è anche un altro vantaggio: se dovessi decidere di dormire nella foresta non dovrei preparare il cibo vicino la tenda e quindi rischiare di attirare degli orsi. Il sole è caldo e allegro e il modesto ma sostanzioso pasto mi rimette in forze. In effetti è ancora molto presto. Forse potrei persino arrivare fino a Chicken dove avevo intenzione di fermarmi domani. Dovrebbero essere quaranta chilometri più o meno.
Dopo mangiato proseguo lungo una strada terribile e malridotta. In alcuni tratti è in manutenzione e ci sono enormi buche. In altri il fondo è un impervio letto di ciottoli, insidiosissimi nelle ripide discese. Il paesaggio è superbo ma io sono veramente allo stremo. Lungo la strada incontro un altro ciclista. E' un tedesco partito da Anchorage che sta percorrendo la stessa mia strada ma in direzione contraria. Mi chiede quanto manchi al confine e in che condizioni sia la strada. Purtroppo devo informarlo che la strada è durissima e lui ha anche il vento contrario. La strada adesso attraversa una valle boscosa al lato di un torrente limpido e impetuoso. Forse dovrei cercare un posto dove fermarmi (e qui sembra devvero molto tranquillo e riparato) ma se possibile vorrei trovare un posto al coperto: il tempo sembra variabile e non mi va di svegliarmi sotto l'acqua. Proseguo ancora un po' con il vento a favore.
Superato il ponte sul fiume la strada però inizia a risalire dalla parte opposta della valle. La strada qui a tratti è tornata asfaltata. Il paesaggio del fiume giù in basso è emozionante: un lago abbacinante di luce si spande nella valle impazzita di giallo e ombre esili di alberi si allungano sui prati incontaminati. Ma sono troppo stanco per godermi questo spettacolo. E' tardi e devo cercare un posto dove fermarmi. Dovrei essere a pochi chilometri da Chicken ma la meta sembra non arrivare mai. Alla fine decido di accamparmi nella foresta. Trovato un posto tranquillo monto la tenda e sistemo il solito sacco con le provviste su un albero. Il fondo del bosco è un tappeto soffice di muschio e licheni. Sono ormai le 22:00 ma c'è ancora molta luce anche se un po' spenta. Come al solito centinaia di zanzare circondano la tenda e le sento ronzare attraverso il telo. Ma la foresta è silenziosa e mi avvolge. Dopo giorni di viaggio ho imparato a conoscerla e non m'incute più paura. Nella quiete profondissima della foresta e nella luce stanca della notte artica lentamente mi addormento.
Last update: 10 Luglio 2013
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